giovedì 8 maggio 2014

Sogni (sempre) ricorrenti

Sono seduto su una poltrona e leggo un libro. Tenendo la testa bassa guardo il caminetto. La fiamma si sta affievolendo. Prendo il segnalibro sul tavolino mentre finisco di leggere le ultime righe del capitolo che ho da poco iniziato. Volto la pagina e leggo il titolo del capitolo successivo, dopo di che, metto il foglietto nel libro e lo chiudo. Lo poggio delicatamente sul tavolino alla mia sinistra. Poi vedo che c’è un bicchiere, di quello da liquori: c’è ancora un po’ di grappa. La bevo guardando il fuoco che pian piano sta morendo. Rimetto il bicchiere sul tavolo e mi avvicino lentamente al caminetto. Apro la porticina al suo fianco e prendo un tronco, ma mentre sto per metterlo sul fuoco ci ripenso: “tra non molto andrò a letto, non mi serve il fuoco vivo, devo solo mantenerlo per un po’” mi dico. Così metto a posto il tronco per prendere altri legnetti più piccoli. Li metto nel fuoco e pian piano muovo la brace perché prendano fuoco anch’essi. Finalmente il fuoco si riprende ma rimango fermo un altro po’ a fissarlo, rimanendo immobile. Mi rendo conto che non sto pensando a niente; l’unica cosa che attira la mia attenzione è il rumore della legna che arde e quello della pioggia che si infrange contro il vetro della finestra. Così mi alzo lentamente e guardo fuori. Una pioggia incessante sembra voglia spazzare via tutto, ma io sono tranquillo perché sono a casa mia, con il mio bel focolare. Mi avvicino alla finestra, scosto la tenda e osservo il giardino. Immagino già quei giorni di fine primavera quando la temperatura calda già preannuncia l’arrivo dell’estate. Così immagino quel giardino, che ora è tutto fango, pieno di erba verde. Chiudo per un attimo gli occhi, e ne sento il profumo; vedo il cane che corre felice sul prato, vedo la mia amaca dondolata dal vento, tra il ciliegio e il pesco. Quell’immagine è fervida nella mia mente, è l’unico pensiero che mi sta girando in testa in questo momento.
Riapro gli occhi, mi volto nuovamente verso il caminetto e lentamente inizio ad osservare l’ambiente in cui mi trovo. Il pavimento è in legno e nella parte vicino al focolare c’è un grande tappeto, di cui non riesco bene a vederne la fantasia. La luce fioca del fuoco mi consente di vedere la stanza in modo sfuocato, ma sono in grado di vedere il tavolo rotondo che sta in fondo alla stanza, e alle sue spalle una credenza, a semicerchio. L’arredamento ricorda un po’ quello delle vecchie case di montagna. Le pareti sono di pietra. La stanza non è grande, ma accogliente, dà un senso di tranquillità. Un divano che sembra essere comodo e anch’esso a semicerchio termina il quadro di questo arredamento, di fronte al focolare. Mi giro un altro po’ e vedo una scala che porta al piano di sopra, anch’essa con scalini e passamano di legno. Dove la scala inizia, vedo una porta aperta, che dà in un’altra stanza. Non riesco a vedere bene, da dove mi trovo ora, cosa c’è, ma penso ci sia la cucina, perché sento odore, che mi sembra essere di torta al cioccolato, venire da quella direzione. Mi riavvicino alla poltrona dov’ero seduto prima e penso: “mi sa che rimarrò qui ancora qualche minuto prima di andare a letto”. Quell’atmosfera mi rende tranquillo. Mi sento sereno, senza pensieri. Mi siedo lasciando andare la testa all’indietro finché non la poggio contro la parte alta della poltrona. Chiudo gli occhi e tiro un respiro profondo. Li riapro, e fisso nuovamente il fuoco del caminetto. Vedo una coperta sul divano affianco: “quasi quasi mi metto a dormire qui, non mi va di andare di sopra, non c’ho voglia”. Così mi alzo e vado verso il divano, ma proprio quando mi sto per sdraiare sento dei passi scendere le scale. “Aspetta, Mario” dico, “chi è?” a metà tra il rincoglionito e il sorpreso. Quando la vedo scendere le scale resto immobile. Non la vedo bene in viso, ma realizzo di chi si tratta, riesco a riconoscerla dai capelli lunghi e ricci e dal buffo pigiama di pile che indossa. Ha due pinguini che si abbracciano. Mi dice “amore, sei ancora sveglio? Perché non vieni a letto?”
Resto fermo ancora qualche attimo a guardarla. Pochi attimi che sembrano durare un’eternità. La osservo e mentre lo faccio mi sento strano. Una strana sensazione mi attraversa il corpo, una sensazione che non so descrivere. Torno via dai miei pensieri e dalle mie riflessioni e rispondo: “hai ragione tesoro, ma ancora non ho sonno”. Lei mi guarda con aria corrucciata, la cosa le suona strana. “Vieni qui vicino a me” le dico, “stiamo un altro po’ e poi andiamo a dormire”. Lei, con un broncio da bambina, più scherzoso che seccato, mi risponde “va bene, però solo un po’ e poi torniamo a dormire di sopra”. La tranquillizzo mentre viene a sedersi accanto a me. Ci stringiamo nella coperta e lei poggia la testa sulla mia spalla. Poi nuovamente la scosta e mi guarda: “Ti voglio bene” mi dice e mi accarezza dolcemente il viso.
Una sensazione come di una scossa elettrica mi attraversa il corpo, violenta. Apro gli occhi all’improvviso. “Dove sono?” mi chiedo. C’è buio intorno a me e mi ci vuole qualche attimo per realizzare che sono nell’oscurità più totale, che non c’è un caminetto con un fuoco morente di fronte a me, che non sono né sul divano, né sulla poltrona, che fuori piove ma non c’è nessun giardino con nessun cane che corre felice sul prato e nessuna amaca tra un ciliegio ed un pesco. “Era solo un sogno”, mi dico. “Ancora questo fottutissimo sogno.  Com’è possibile che periodicamente faccio lo stesso, identico sogno? ”
Mi giro sull’altro lato per rimettermi a dormire e mi addormento. Un misto di serenità e disperazione però mi avvolge, non riesco bene a comprendere cosa sto provando. L’unica cosa che so, è che mi riaddormento con la sensazione che qualcuno mi ha appena accarezzato dolcemente il viso.


"Gran parte dei nostri sogni li viviamo con assai maggiore intensità della nostra esistenza da svegli." (Hermann Hesse)

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